31 let s(r)amote – 31 anni di isolamento e vergogna

Ritratti dei cancellati attraverso l’obiettivo fotografico di Borut Krajnc

Il 26 febbraio 1992 le autorità slovene hanno cancellato illegalmente dal registro sloveno dei residenti permanenti 25.671 persone, tra cui 5.360 bambini. Le conseguenze della cancellazione furono terribili. Le persone cancellate persero il lavoro, l’assicurazione sociale e sanitaria, il diritto all’istruzione, molti furono esiliati e separati dai loro cari, mentre sulla testa degli altri pendeva la spada di Damocle della deportazione.

I residenti hanno vinto presso la Corte costituzionale slovena e la Corte europea dei diritti dell’uomo, ma a tutt’oggi il tentativo di rimediare ai torti è stato solo illusorio: solo circa la metà degli ‘izbrisani’ ha potuto riottenere la propria residenza, molti esiliati non hanno potuto fare ritorno in Slovenia e molte famiglie rimangono separate o si sono disgregate a causa della cancellazione. Solo una parte dei cancellati ha ricevuto un misero risarcimento. Alcuni sono rimasti in Slovenia irregolarmente e quindi senza i relativi diritti. La cancellazione non è mai stata oggetto di indagine e nessuno ne è mai stato ritenuto responsabile.

In questa mostra, i cancellati, attraverso l’occhio fotografico di Borut Krajnc, ripercorrono i loro ricordi, le loro esperienze e il loro pensiero nei confronti della cancellazione a distanza di trent’anni. E ci testimoniano come per ognuno di loro la cancellazione sia ancora in atto.

Per saperne di più sulla cancellazione visitate il sito www.amnesty.si/izbrisani.

Clicca qui per firmare la petizione.

Zoran Tešanović

“Prima della cancellazione avevo una bancarella al mercato di Lubiana, avevo una bella vita. Ora vivo in una roulotte. I Kralji ulice mi hanno portato del polistirolo per tenermi al caldo e hanno messo del polivinile sul tetto. Non ho avuto documenti per 26 anni, ora ho la residenza temporanea”. 

É morto il 14 dicembre 2022. Zoran ha vissuto senza documenti, assicurazione e reddito per ben 25 anni dalla sua cancellazione. Solo negli ultimi cinque anni ha ottenuto la residenza temporanea e quindi la dimora legale. Tuttavia, poteva vivere solo nella roulotte, senza acqua, elettricità e riscaldamento. A dicembre 2022 la roulotte prese fuoco. Zoran era praticamente disabile e quindi non poté salvarsi la vita.

Katarina Keček

“Uscendo dal klub K4 sono stata fermata dai poliziotti. Poiché non avevo documenti, mi hanno portato in via Trdinova. Al mattino mi hanno portata insieme ad altri al confine croato in una camionetta, e poi fino a Slavonski brod in un’altra camionetta. Sono stata deportata un’altra volta, ed entrambe le volte sono tornata a piedi”.

All’epoca della cancellazione Katarina era studentessa di giornalismo al primo anno. In un solo giorno si è ritrovata senza casa, genitori, soldi e previdenza sociale. Per cinque anni non ha avuto casa, né documenti, né assicurazione. Ha dormito in dormitori, scantinati, d’estate nella sua auto.

Ljubinko Tomić

“L’anno scorso volevo andare in Francia per il funerale di mio fratello, ma non mi hanno concesso di viaggiare solo con un permesso di soggiorno temporaneo”.

Prima della cancellazione Ljubinko lavorò in Francia, Algeria, Marocco, Mauritania, Brasile, ecc. Installava gasdotti. Dopo la cancellazione non è più stato all’estero. Ancora oggi non ha la residenza permanente, ma solo un permesso di soggiorno temporaneo negli ultimi cinque anni. Prima di allora non aveva alcun documento valido.  

Cvijetin Blagojević

“Quando ci ripenso, è molto difficile. Le persecuzioni, gli abusi… Hai un mestiere, paghi le tasse, ma devi lavorare attraverso qualcun altro… Dal 1991 al 2002 non ho potuto andare sulla tomba di mia madre e di mio padre”.                                                                         

Oggi Cvijeto non incolpa la polizia: ha fatto quello che doveva fare. Non aveva documenti, glie li strapparono, la carta d’identità, il passaporto, tutto. Che trauma è stato per i suoi figli, piangevano. Divorziò, anche in questo caso la cancellazione ne fu la causa. Non ha potuto comprare l’appartamento, oggi non può lasciarlo ai suoi figli. Per lui la cancellazione è stata un genocidio economico.

Aleksandra Todorović Novak

“Il peggio era lo stigma. A mio padre hanno sputato per strada, l’hanno picchiato, non una volta, ma diverse volte. Ora sono orgogliosa di lui”.

È triste che a 30 anni dalla cancellazione, i cancellati e i loro figli non abbiano ricevuto un risarcimento completo. Alcune cose non possono essere riparate, ma è imperativo che almeno ciò che può essere sistemato sia fatto senza condizioni. 

Trivo Damjanić

“Avevo così tanti problemi che volevo impiccarmi. Quando ho dovuto cambiare le targhe sono iniziate le frecciatine: quando vai in Bosnia, minacce di andarmene, cosa cerco qui, che verranno a prendermi.  Suonavano alla porta, ho cambiato la serratura. Hanno scritto RAUS con lo spray sulla mia porta d’ingresso”.

Il diritto all’alloggio di Trivo è stato revocato nel 1992, dopo che lui e sua moglie, anch’essa cancellata, avevano versato il fondo per gli alloggi alla Cinkarna e dopo aver pagato per due volte il loro contributo per l’occupazione dell’appartamento. Ancora oggi pagano l’affitto dello stesso appartamento. Da quando furono cancellati hanno pagato più di 70.000 euro di affitto.

Ratko Stojiljković

“Abbiamo dato tutti i nostri soldi per pagare le spese dell’avvocato per sistemare la residenza… ci hanno persino tolto l’elettricità. In famiglia c’era un solo stipendio, e io ho iniziato a lavorare già dalla sesta classe della scuola elementare per sbarcare il lunario”.

La cancellazione ha inciso sulla vita non solo di 25.671 persone, ma anche dei loro figli e parenti. Le difficoltà e le paure dei genitori erano anche le loro, e le privazioni economiche erano anche le loro. I figli delle persone cancellate non avevano diritto agli assegni familiari, né erano inclusi nel sistema di indennizzo.   

Slavica Đuričić

“Mi sono registrata in Bosnia come rifugiata dalla Slovenia, ma dovevo comunque pagare ogni visita medica per la bambina. Ho lavorato nelle fattorie per guadagnare qualche soldo. In tutti questi anni non ho fatto altro che piangere. Mia figlia cresceva con me e piangeva con me. Per 17 anni ho vissuto senza documenti, senza reddito, senza assegni familiari, senza assicurazione sanitaria”.

Slavica si è rivolta al tribunale per ottenere un risarcimento e la causa si è protratta per quattro anni. Ha creduto a un avvocato che era sicuro che sia lei che sua figlia avrebbero vinto la causa. Quando l’anno scorso ha scoperto che il tribunale aveva respinto il suo caso e quanto doveva all’Avvocatura dello Stato per la causa persa ha avuto un crollo mentale. Alla fine dell’anno scorso ha ripagato l’Avvocatura dello Stato con denaro preso in prestito e tuttora sta estinguendo il debito. 

Mahi Berisha

“La parte più difficile è stata quando la polizia è venuta nel nostro centro di accoglienza nel cuore della notte e ci ha portati in Germania, dove chiedevamo asilo perché eravamo stati cancellati. Mio figlio aveva tre mesi e durante il viaggio non avevamo né cibo né acqua”.

Mahi è la moglie del defunto Ali Berisha, uno dei sei vincitori alla Corte europea dei diritti umani. Anche questa vittoria non ha permesso ad Ali di tornare in Slovenia con la sua famiglia: la legge che “regolava” lo status dei cancellati permetteva il ritorno solo a lui e al figlio nato in Slovenia, ma non ai figli e alla moglie nati all’estero. A tutti loro è stato permesso di ritornare solo nel 2014, dopo l’intervento del presidente Pahor. 

Marko Perak 

“Poiché non avevo diritto al lavoro ho lavorato in nero in Austria. Dopo che sono stato beccato e gli ispettori mi hanno portato al confine ho raccontato cosa fosse successo veramente. Quando ho detto loro della cancellazione non mi hanno né multato né vietato di entrare in Austria”.

Marko Perak, Aleksandar Todorović e Mladen Balaban sono stati i promotori della prima associazione dei cancellati. “Ci siamo incontrati nel mio appartamento a Mežica nel dicembre 2001 per fondare l’associazione. Nel 2002 abbiamo tenuto la nostra assemblea costituente. Bisogna combattere per i diritti. Per me, l’essenza di questa lotta era preservare la mia famiglia, restare insieme. E così è stato”.

Živa Karner 

“Mi sentivo esclusa. Mi chiedevano continuamente cosa volesse mia madre e la rimandavano da dove era venuta. Quasi non sarei sopravvissuta. Ciò che mi ha aiutato è stata la volontà e la forza che mia madre ha dimostrato”.

Sono stati i figli dei cancellati a condividere l’angoscia e il disagio di non capire per anni cosa fosse successo, cosa avessero fatto di male. Sono cresciuti con meno reddito, meno vacanze, meno viaggi… mentre i loro genitori cercavano di risolvere problemi su problemi. Anche loro hanno vissuto con la paura di quello che sarebbe potuto accadere dopo, dopo che già una volta era successo qualcosa di impensabile.

Zvonko Bago 

“Prima mio padre era sempre di buon umore. Gli piaceva suonare l’armonica a bocca, sempre le canzoni popolari slovene. Dopo la cancellazione l’armonica si è azzittita per sempre e lui cominciò a essere molto preoccupato. Un novantenne depresso”.

Per molti anni Zvonko si è preso cura di Ivan Bago, cancellato e rimasto senza previdenza sociale e assicurazione sanitaria. Quando ebbe bisogno di antibiotici ha persino cercato di ottenerli dal veterinario, ma non li ha avuti. “La cancellazione è una morte goccia a goccia. Ho potuto assistere a questo processo dall’inizio alla fine con mio padre”, racconta.

Mirjana Učakar

“Vivevo nel mio stesso appartamento senza permesso. Ogni volta che suonava il campanello mi bloccavo, avevo paura anche del postino. La mia vicina di casa mi gettava gli articoli sulla cancellazione nella cassetta della posta e dopo mi denunciò alla polizia. Sconvolto dalle mie spiegazioni, il poliziotto si limitò a dire: ‘Signora, cerchi di sistemare questi documenti in qualche modo’ – ma avrebbe potuto portarmi al confine. Eravamo dipendenti dalla buona volontà degli altri e dalla loro comprensione”.

È morta il 2 ottobre 2022. I documenti di Mirjana sono stati distrutti da funzionari che la conoscevano da sempre, visto che la madre era la segretaria del sindaco. Nata a Ptuj da madre slovena e padre serbo, Mirjana ha dovuto acquisire la cittadinanza croata prima di poter richiedere la residenza permanente in Slovenia. Fu in una relazione con il cancellato Aco Todorović per otto anni prima che si confidassero di essere stati entrambi cancellati.

Budimir Vuković

“Sono consapevole che la cancellazione non è stata eseguita da tutta la nazione slovena, ma da un ristretto numero di politici e funzionari”.

Budimir non è riuscito a maturare l’anzianità di servizio completa a causa della cancellazione. Non ha potuto sposarsi, crearsi una famiglia e affermarsi con il suo lavoro. È diventato apolide, una persona senza cittadinanza di alcun Paese. Di base è uno scrittore, ma ora si guadagna da vivere lavorando con l’associazione Kralji ulice. Ha tuttora solo la residenza temporanea, non ha l’assicurazione o il diritto al lavoro, non ha diritto alla pensione, a una casa popolare o a un’unità abitativa. La cancellazione è per lui ancora in pieno corso.

Irfan Beširević

“Non ci hanno tolto solo la residenza permanente. Ci hanno portato via la nostra personalità. Ci hanno tolto l’orgoglio”.

Senza documenti, Irfan si è nascosto in scantinati e sottoscala. Per giorni non ha mangiato. Non potendo vedere un medico è sopravvissuto a una trombosi senza cure mediche. In quel momento pensava di essere finito. Il dolore era particolarmente forte quando passava davanti a qualche locale dove persone felici mangiavano e bevevano mentre lui aveva fame. 

Niko Jurkas

“Nel giugno del 1956 ho ricevuto la Santa Comunione a Brežice. I carnefici del mio destino non erano ancora nati”.

Al momento della cancellazione Niko aveva 28 dipendenti nella sua azienda. Dopo la cancellazione è rimasto senza carta d’identità, tessera sanitaria e patente di guida per 10 anni. Per cinque anni ha lavorato in nero nella sua azienda e ha potuto almeno guadagnarsi da vivere. Ha dovuto licenziare un dipendente a causa di documenti irregolari; solo anni dopo ha scoperto che è stata la cancellazione a sconvolgere la vita di entrambi.

Mladen Balaban

“È importante che abbiamo dimostrato alle persone, compresi ex amici e conoscenti che pensavano che la colpa della cancellazione fosse nostra, che questo non è vero. Sono soddisfatto delle sentenze della Corte costituzionale slovena e della Corte europea dei diritti dell’uomo che lo confermano”.

Si diceva che i cancellati erano essi stessi colpevoli della loro situazione, anche dopo che i tribunali avevano stabilito che la cancellazione era illegale, incostituzionale e discriminatoria. È stato difficile convivere con questo peso per anni.

S. S.

“Non avendo né documenti né soldi non ho potuto frequentare la scuola superiore, ma ho dovuto lavorare in nero in un bar per anni. Dovevo anche prendermi cura dei miei genitori che erano stati cancellati e avevano perso il lavoro. Nel corso di otto anni ho parlato con innumerevoli funzionari e chiesto loro i documenti. Mi dicevano sempre: ‘Signora, lei non esiste!’. Come faccio a non esistere? Sono morta?!”.

5360 bambini sono stati cancellati. Sejana è stata cancellata il giorno del suo 14° compleanno, insieme ai genitori e ai fratelli. A suo fratello è stata concessa la cittadinanza, ma gli altri non hanno mai ricevuto una risposta alla loro regolare domanda. Nessuno capì cosa fosse successo loro. Tutti in famiglia erano nervosi, discutevano sul da farsi e spesso litigavano. Pensavano che stesse succedendo solo a loro. Quando Sejana si ammalò non poté andare dal medico perché non aveva l’assicurazione sanitaria. Dopo essersi riuscita a registrare regolarmente i medici si sono resi conto che aveva bisogno di un intervento chirurgico.